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- Prego, si accomodi.
- Grazie.
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Come le stavo dicendo, caro amico,
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oggi parlare di ricchezza è assurdo.
Non ci sono più ricchi.
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Ma se qualcuno volesse proprio
pensare alla ricchezza,
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io ho un solo consiglio da dargli:
non preoccuparsi del denaro.
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Io ho sempre pensato alle mie
imprese come ad opere d'arte.
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Quello che ricavavo di utile,
quasi non mi riguardava.
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Perché I'importante per me
è creare qualcosa di solido!
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Che ci sopravviva!
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Caro, non tutti possono creare
qualcosa di durevole, tu...
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Scusa, permetti, cara?
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Quello che sorregge uno scrittore
non è certo I'idea del guadagno,
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ma un sentimento di "necessarietà"!
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Lei scrive perché sa
che è necessario a lei e agli altri.
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- Ma bisogna pur vivere!
- Questo non mi ha mai preoccupato.
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La vita è quella che noi sappiamo
crearci con le nostre opere!
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Pontano, cosa farebbe
se non scrivesse?
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Qualche anno fa si sarebbe ucciso,
ora non so. Dillo tu.
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Non mi sento così importante.
Ci sono altre soluzioni.
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Quante volte oggi uno scrittore
si domanda se lo scrivere non sia
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un istinto insopprimibile,
ma antiquato?
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Questo lavoro così solitario,
artigiano.
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Questo mettere faticosamente
una parola dietro I'altra!
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Questo lavoro
non si può meccanizzare.
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- Lei ne è veramente convinto?
- No.
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Però voi industriali avete il
vantaggio di fare i vostri racconti
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con le persone vere, le case vere.
Le città vere.
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Il ritmo della vita e forse anche
il futuro è nelle vostre mani.
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- Oggi è una giornata
particolarmente nera. - Forse.
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Lei è uno dei tanti
che si preoccupano del futuro?